Episode Transcript
[00:00:00] Speaker A: Gli studi di genere hanno pervaso ogni ambito del sapere. Molte persone, istituzioni e perfino interi stati continuano a screditarli o addirittura a proibirli. Ma questo li fermerà? Assolutamente no. Io sono Matteo Botto e questo è About Gender, studi d'altro genere.
Siamo qui oggi con Stefano Ciccone, presidente della rete maschile plurale e autore del libro Maschi in crisi per Rosenberg e Sellier. Ciao Stefano, è un piacere averti qui con noi oggi.
[00:00:31] Speaker B: Grazie a voi per l'invito.
[00:00:33] Speaker A: Stefano, è vero che oggi il maschile è in crisi?
[00:00:36] Speaker B: Dunque, sicuramente i modelli tradizionali di masconità sono in crisi e sicuramente c'è anche un grande e diffuso disagio maschile nell'affrontare il cambiamento, però dobbiamo stare attenti alla retorica della crisi. C'è un grande parlare della crisi maschile E questo parlare della crisi produce il contesto in cui lavoriamo. È quello che un po' si può chiamare una profezia che si autoavvera. Se gli uomini si misurano con il cambiamento, avendo come riferimento l'unico racconto che gli dice che questo cambiamento li mette in crisi, non potranno che viverlo come una minaccia e come la fonte di disagio. Quindi dobbiamo provare a distinguere e togliere un po' di confusione in questa specie di foresta confusa delle crisi maschili. Primo, dobbiamo distinguere tra la crisi della mascolinità tradizionale, della crisi del potere maschile, con la crisi dei singoli uomini. C'è un racconto che mi dice, se entra in crisi il patriarcato, entrerai in crisi anche tu. E quindi porta gli uomini a dire, beh, dovrò difenderlo questo patriarcato per non entrare in crisi. E questo sa dentro un ragionamento che dice, la crisi degli uomini nasce da una battaglia contro gli uomini. Il femminismo è una politica ostile agli uomini, ai loro diritti e alla loro dignità. Le pari opportunità producono una discriminazione degli uomini nell'accesso al lavoro o nell'accesso alla politica. Il riconoscimento dei diritti delle donne e anche il riequilibrio di poteri tra donne e uomini produce sempre qualcosa che va a discapito degli uomini. e quindi ad esempio la retorica dei padri separati sulla discriminazione dei padri separati nel caso delle separazioni è un tipico esempio di questo tipo di reazione. Allora dobbiamo provare a distinguere e provare a capire se effettivamente la crisi del modello patriarcale dei poteri tradizionali mette in crisi gli uomini oppure no. Io credo di no, io credo al contrario che la crisi di cui stiamo parlando sia la dimostrazione proprio del fatto che la cultura, le aspettative, i modelli che la cultura patriarcale ci ha trasmesso, i modelli a cui noi facciamo riferimento come uomini. Sei un uomo se basti a te stesso, se sei padrone di te stesso, se la donna dipende da te, se ha un ruolo sempre attivo, nella sessualità, se il tuo corpo corrisponde a una performance di verifica della virilità, se tutte queste condizioni si verificano sei un uomo, altrimenti entri in crisi. Allora il problema è che quello che oggi è in crisi è la capacità di questi modelli, di questi valori, di dare senso alla vita degli uomini, cioè di provare a rispondere alle domande nuove che gli uomini vivono. I nostri padri sono stati i padri perché portavano i soldi a casa e quella era la verifica della loro cura e della loro missione del ruolo come padri. Oggi gli uomini, i padri di oggi, vogliono avere una relazione d'intimità con i propri figli, vogliono avere del tempo con i propri figli e con le proprie figlie, vogliono essere in grado di mettere in gioco il proprio corpo con i figli e con le figlie. Questo paradossalmente è un desiderio che viene anche espresso dal revascismo maschile. Le sozione dei padri separati esprimono la sofferenza per la lontananza, il desiderio di intimità, quindi rompono con una maschilità tradizionale di mio nonno, di mio padre, ma ripropongono questo desiderio in termini revanchisti, cioè in competizione con le donne, in competizione con le matri, contro la prepotenza, l'opportunismo femminile che colpisce gli uomini. Allora il problema è, posso continuare a sentirmi padre perché porto i soldi a casa? No, ho bisogno di essere padre perché ho altre risorse, risorse affettive, corporee, emozionali, di intimità. Posso pensare che la mia realizzazione come uomo è sul modello neoliberale del cittadino, neutro, padrone di sé, pienamente razionale, artefice del proprio futuro, imprenditore di se stesso. No, perché la crisi del 2008, la pandemia, la trasformazione del lavoro ci ha detto che non possiamo più mirare a quel modello di cittadino proprietario e padrone di sé, perché il lavoro è precario, perché la crisi economica ha dimostrato la vulnerabilità delle nostre condizioni economiche, perché nessuno ha scoperto basta a se stesso. Quindi il problema è che è entrato in crisi un modello di cittadinanza costruito su un modello maschile e non abbiamo le risorse per innovare questo modello, per darci altre risorse. Allora il problema è riconoscere che c'è una crisi, ma non usare questa crisi come richiamo retorico per costruire una nostalgia dei bei tempi in cui gli uomini erano padroni di sé, le donne stavano al proprio posto e i ruoli sessuali erano perfettamente ordinati. in un modello eterosessuale tradizionale, di famiglia e via di seguito, e provare a capire se il cambiamento che è prodotto da tante cose, il cambiamento è prodotto da la comparsa e la affermazione della soggettività femminile, del desiderio femminile nella sessualità, dell'autonomia e della libertà femminile nelle relazioni. La novità è data dalla comparsa in termini visibili nella società di altre forme di sessualità, di altre forme di desiderio, di altre forme di affettività e di relazione che mi dicono che non c'è un unico modo di essere uomini. Il cambiamento è dato dal cambiamento dei modelli familiari, dal rapporto con il lavoro che non è più un lavoro per sempre, per tutta la vita, in cui c'è una divisione del lavoro tra lavoro di cura e lavoro produttivo. Questa trasformazione complessiva mi dice che devo ripensarmi nel mio stare al mondo. Allora dobbiamo provare a ragionare su questo, sapendo che il termine della crisi colpisce specificamente gli uomini per un motivo. Se la costruzione della mascolinità è una costruzione sociale, storica che si è prodotta contro la corporità, come controllo della corporità, come dominio del corpo, dominio delle emozioni, emancipazione dalle emozioni, rappresentando invece il femminile come schiacciato nell'accudimento, la corporità, l'emotività, la vulnerabilità corporea, la passività sessuale, eccetera. Questa costruzione implica due elementi importanti. Implica una perenne precarietà dell'identità maschile da quando abbiamo tre anni in poi dobbiamo dimostrare di essere un vero uomo e ci si chiede di essere uomini, di non essere delle femminucce, di non essere dei non uomini, quindi abbiamo continuamente l'ansia di dimostrare fuori di noi che siamo uomini, sapendo che non abbiamo le risorse dentro di noi per esserlo e il secondo elemento è che quindi questo porta una continua ansia di approssimazione alla mascolinità obbligatoria e quindi capire quanto dentro quest'ansia di approssimazione si producono due elementi la competizione tra uomini perché nella competizione tra uomini io verifico la mia virilità e e la stigmatizzazione e l'inferiorizzazione dell'altro, l'inferiorizzazione del femminile, la stigmatizzazione dell'omosessualità, che sono dei dispositivi che mi impongono di corrispondere alla mascolinità eterosessuale normativa e dominante, pena precipitare in una condizione di appunto stigma e di inferiorità.
[00:07:58] Speaker A: Grazie mille per la tua risposta. A questo punto mi verrebbe da chiederti, da dove arriva allora questa narrazione secondo la quale la maschilità è in crisi?
[00:08:07] Speaker B: Il richiamo alla crisi del maschile, è emersa ciclicamente nelle crisi sociali ed è emersa ciclicamente nei richiami delle culture reazionarie, autoritarie e violente. Lo stretto nesso che c'è tra identità maschile e ordine sociale fa sì che ogni volta che entra in crisi un ordine sociale c'è un richiamo revanchista e regressivo agli uomini. Ai primi del Novecento ce lo raccontano storici come mosse e tanti altri che hanno lavorato su quanto i nazionalismi europei abbiano scavato sulla frustrazione maschile che a quei tempi era l'emersione da una società tradizionale, dalla società agricola, dalla società patriarcale tradizionale alla società della modernità. e quindi la rappresentazione della modernità borghese come una minaccia per la virilità degli uomini. Questo ha portato milioni di giovani europei a morire e a uccidere in guerra, perché la guerra era il luogo di rifondazione di una virilità perduta. Un'altra fase di trasformazione e di crisi sociale nel suo complesso ha trovato di nuovo come chiave di lettura il riferimento alla mascolinità. Pensiamo alla fase dei grandi movimenti degli anni 60 e 70 che mettono in discussione i modelli familiari, i modelli del lavoro, le gerarchie sociali. In quegli anni appare in libro la società senza padri che appunto equipara la crisi di alcune autorità istituzionali sociali come la famiglia, l'istituzione statale, il ruolo dei partiti sulla società civile, eccetera, nella chiave di lettura della società senza padi, cioè una società senza un'autorità diffusa, socialmente riconosciuta, capace di fare ordine. E questo è un altro elemento per me problematico, perché anche questo ha una lettura potenzialmente regressiva, come ha avuto una lettura gravemente regressiva la lettura, diciamo, dei nazionalismi di primo novecento che hanno portato alla ricerca del leader, del duce, del capo, della famiglia, eccetera, come modelli. Negli anni 60 e 70 la reazione alla trasformazione, alla crescita di momenti di liberazione è questa nostalgia per una tradizione regolata dall'autorità paterna. Questa nostalgia torna oggi, torna oggi in un discorso pubblico che utilizza la vulgata psicanalitica per naturalizzare i ruoli maschili e femminili in base a dei modelli di padre e di madre. Il padre guida, la madre oblativa, accudente, il padre è capace invece di dare delle regole. trasformando questa in una nostalgia per una società che ha perso quella capacità di regolazione degli istinti, delle spinte, dei desideri che era rappresentata dall'autorità del padre. Questo produce appunto di nuovo una grande nostalgia per una, diciamo così, un'autorità perduta, ma oggi ancor più forte ritorna in termini regressivi una retorica che utilizza la reazione revancista maschile, quello che Susan Faludi ha chiamato il backlash, cioè il contrattacco maschile, che è presente in tutte le retoriche dei populismi nazionalisti, reazionari, misogini, revancisti. Da Trump ad Orban, dal movimento Vox in Spagna alle destre italiane, Una retorica che parla a questo disagio maschile e promette il ritorno a una società che invece valorizzi illegittimi le relazioni gerarchiche tra i sessi, la valorizzazione della virilità tradizionale, è uno degli elementi potenti delle retoriche nazionaliste oggi. Perché quindi dico questo? Perché se noi non lavoriamo su una diversa lettura e interpretazione del concetto di crisi e non proponiamo agli uomini una risposta diversa a questa crisi, anche tutti i fenomeni, tutte le realtà di trasformazione a cui assistiamo rischiano di essere risucchiate da il richiamo revanchista della nostalgia, della lettura del cambiamento come minaccia, della lettura della realtà di altre soggettività come minaccia per la mia. Io credo che questo sia uno degli elementi fondamentali, quello di capire se il riconoscimento di un'altra soggettività vuol dire minacciare lo spazio vitale, lo dico appositamente citando i nazionalismi del Novecento. cioè se riconoscere che c'è un'altra sessualità diversa dalla mia, che c'è un altro desiderio e che ci sono altre esperienze di vita essenzialmente non riconducibili alla gerarchia che mi pone al centro sia una minaccia per me oppure sia un'opportunità. Ecco, io credo che dovremmo provare a costruire una lettura del cambiamento e una narrazione del cambiamento capace di proporre a me, uomo, e ai miei desideri, alle mie paure, alle mie angosce una prospettiva desiderabile qualcosa che mi dica che posso guadagnarmi dentro questa prospettiva di cambiamento una diversa qualità della mia vita e questo l'abbiamo già scoperto ma non lo riconosciamo riconosce che ci sono donne che mettono in gioco il proprio desiderio? arricchisce la vita e la sessualità di un uomo eterosessuale. Riconoscere e dialogare con uomini omosessuali mi permette di fare un'esperienza diversa del mio corpo di uomo che percepisco come una minacciosa arma che devo temere. Vedere che c'è la possibilità di reinventare il proprio corpo mi fa pensare che anche la mia corporità può essere ripensata, ricostruita e reinventata. Allora questo grande cambiamento può mettere in crisi le nostre antiche sicurezze, ma può anche aprire grandi spazi di libertà per noi uomini, per le nostre relazioni con le donne, con gli altri uomini, con noi stessi e con i nostri corpi.
[00:13:49] Speaker A: Grazie mille Stefano per essere stato qui con noi e grazie mille per averci dedicato il tuo tempo.
[00:13:53] Speaker B: Grazie a voi per lo spazio, a presto.
[00:13:56] Speaker A: E ovviamente grazie mille a tutte le persone che ci hanno ascoltato. Al prossimo episodio. Ciao!