Episode Transcript
[00:00:00] Speaker A: Gli studi di genere hanno pervaso ogni ambito del sapere.
Molte persone, istituzioni e perfino interi stati continuano a screditarli o addirittura a proibirli.
Ma questo li fermerà?
Assolutamente no.
Io sono Matteo Botto e questo è About Gender, studi d'altro genere.
Oggi abbiamo qui con noi la direttora del nostro journal about gender, ossia Emanuela Batecola, professoressa associata presso l'Università di Genova, esperta di genere tratta e lavoro. Ciao Emanuela, è un piacere averti qui con noi oggi.
[00:00:33] Speaker B: Ciao, grazie Matteo, piacere è tutto mio.
[00:00:37] Speaker A: Dunque, la domanda che vorremmo farti è estremamente complessa, ossia quando parliamo di violenza di genere, che cos'è che intendiamo?
[00:00:45] Speaker B: Quando sentiamo parlare di violenza di genere, immediatamente il nostro pensiero va alla violenza maschile sulle donne e in particolare pensiamo ai femminicidi e agli stupri e alla violenza sessuale. Indubbiamente la violenza di genere è anche violenza maschile sulle donne e la violenza maschile sulle donne è anche stupro e femminicidi, però ovviamente all'interno di questa macro area c'è tanto altro, nel senso che quando si parla di violenza maschile sulle donne si parla anche di violenza psicologica, di violenza economica, di violenza fisica, eccetera, eccetera. Però diciamo che su questo le idee sono abbastanza chiare, quindi non mi soffermerei tanto su questo aspetto. Forse l'aspetto sul quale vale la pena soffermarsi è che se è vero che la violenza maschile sulle donne è sempre una violenza di genere, violenza di genere non è solo violenza maschile sulle donne.
Cerco di spiegarmi meglio. All'interno della macro concetto di violenza di genere possiamo far rientrare anche ad esempio la violenza transfobica e la violenza omofoba e quindi tutte quelle forme di violenza che possono essere psicologica, fisica, sessuale, economica eccetera che colpiscono alcune soggettività perché sono percepite come soggettività che violano in qualche modo le aspettative sociali. Allora, noi abbiamo un'idea di come debbano essere i rapporti tra gli uomini e le donne, i rapporti gerarchici tra gli uomini e le donne e quindi in una parola di come debba essere l'ordine di genere, no? E quindi tendiamo a trasformare le differenze tra maschile e femminile, ad esempio, in rapporti di potere, in rapporti di dominazione, in Quest'ordine di genere ce lo immaginiamo come binario. Un esempio chiarissimo è quello che ha detto Trump nel momento in cui è diventato Presidente degli Stati Uniti. Lui ha detto esistono solo gli uomini e le donne. Questo è un esempio chiarissimo su che cosa si debba intendere per ordine binario. Nell'immaginario prevalente che ai noi non è solo di Trump, la società è costituita solo da uomini e da donne. E ci sono dei rapporti gerarchici tra gli uomini e le donne, in cui ovviamente il maschile ha più potere, autorevolezza e prestigio del femminile. E quindi, secondo questa rappresentazione binaria, tutte le persone che non si riconoscono in questo binarismo e quindi immaginiamo le donne transgender, cioè le persone che sono state assegnate maschile alla nascita, ma che si sentono intimamente donne, oppure gli uomini transgender, quindi le persone che sono state assegnate donne alla nascita, però si sentono intimamente uomini. Le persone intersessuali, cioè quelle che nascono con le caratteristiche sessuali di entrambi i generi, in qualche modo sono persone che sono percepite come persone che violano le aspettative sociali. Quindi ogni forma di violenza su queste persone in quanto persone transgender, persone intersex è una forma di violenza di genere. Allo stesso modo in questa visione tradizionale dell'ordine di genere noi diamo per scontata l'eterosessualità e quindi se nasci uomo dovrai innamorarti delle donne e viceversa.
è violenza di genere, anche qualsiasi forma di violenza contro le persone che non si ritrovano in questo ordine eterosessuale e che quindi si innamorano a prescindere proprio da partenze di genere, a partenze di genere delle persone delle quali si innamorano. Ecco, questo in estrema sintesi spero di essere stato sufficientemente chiaro, ovviamente di questo tema si potrebbe parlare per ore, però limitiamoci a questo.
[00:04:47] Speaker A: Grazie mille Manuela per questa tua risposta. Allora la seconda domanda invece che mi viene in mente è questa. Parlando di dati sappiamo che purtroppo in Italia al momento non abbiamo ancora un database ufficiale, non abbiamo ancora un dataset coerente che raccolga tutti i dati sulla violenza di genere, tutti i dati su questo fenomeno. Nonostante ciò che tu sappia abbiamo comunque delle stime. Quali sono i numeri stimati di questo fenomeno e che cosa ci permettono di dire.
[00:05:15] Speaker B: Allora, ci sono due motivi riguardo a questo ritardo che tu denunciavi, cioè ancora non abbiamo un database definito, delle stime precise eccetera. I motivi di ritardo sono due, uno che è da poco, pochissimi anni, nonostante le lotte femministe su questo, risalgano indietro nei decenni, però è da pochissimo tempo che la società si è fatta carico del problema della violenza maschile sulle donne come forma di violenza sistemica, cioè una violenza che non riguarda le caratteristiche innate del maschile o i problemi psichiatrici del singolo maschio che uccide la compagna, ma che è una forma di violenza che riguarda i modelli culturali e quindi la società stessa. Tanto è vero che le prime statistiche dell'Istat sulla violenza maschile sulle donne risalgono al 2014, quindi è da pochissimo che l'Istat si sta occupando del fenomeno, perché prima la sensibilità era meno accesa. Questo è un primo motivo del ritardo. Il secondo è che il fenomeno della violenza maschile sulle donne è molto difficile da far emergere, in parte perché non sempre è riconoscibile. Allora, che cos'è violenza maschile sulle donne? Ad esempio, lo stesso femminicidio è riconosciuto come tale da pochissimo tempo. Io che sono una boomer ricordo che negli anni 90 un caso che noi oggi definiremmo di femminicidio era definito come il giallo dell'estate, oppure il delitto di Via Poma. Questa ragazza che era stata stuprata e poi uccisa, il principale sospetto era il fidanzato, Non so dire come sia andato poi il processo, ma il dato sociologico interessante è che tutte e tutti noi, io compresa, consideriamo quello non un femminicidio, ma il giallo di via Poma. Allora, questo per dire che il primo problema è che non sempre è facile riconoscere che cosa sia violenza e che cosa no. Il secondo problema è che le donne non sempre si sentono legittimate a denunciare le forme di violenza, in parte perché non le riconoscono, in parte perché si vergognano e in parte perché sanno, per esperienza indiretta, che tendenzialmente quando una donna denuncia non sempre viene creduta e a volte, soprattutto quando si tratta di casi di stupro, addirittura viene messa essa stessa sotto processo. Quindi queste sono le ragioni dei ritardi. Dopodiché c'è un sapere di senso comune che viene ripetuto ed è diventato un dato che viene ripetuto in modo anche un po' acritico, per cui si dice che una donna su tre subito violenza, una qualche forma di violenza nel corso della vita. Io non ho strumenti statistici per poter dire no, questa stima non rappresenta in modo fedele alla realtà, però io credo che questa sia una sottostima che nessuna donna possa dire di non avere mai subito una qualche forma di violenza e questo non lo dico solo in quanto donna, ma anche in quanto femminista e studiosa e come docente. Io sempre, ogni volta che parlo di violenza maschile sulle donne, Percepisco nelle donne che mi ascoltano, indipendentemente dall'età, dal titolo di studio, dal background, dalla provenienza geografica, una certa reazione emotiva e spesso anche quando io faccio un cenno rapido al tema, magari per parlare d'altro, c'è sempre qualcuna che inizia a raccontare le violenze subite. E quando io provo a dire alzi la mano chi non ha mai subito violenza, nessuna alza mai la mano. È chiaro che la mia esperienza non può essere considerata un dato statistico, non riporto risultati di un'analisi su un campione rappresentativo della popolazione, però io trovo abbastanza inquietante che sia indifferente parlare con donne della mia età o ragazzine di 15 anni perché Tutte, tutte, nessuna esclusa, hanno episodi di violenza da raccontare e molto spesso questi episodi di violenza risalgono a un'età molto precoce. Quando erano bambine, quando erano ragazzine, quando erano nella pubertà e via così. Questo per dire che la violenza maschile sulle donne è una violenza sistemica che ha a che fare con problemi della società, di cui noi siamo tutti e tutte responsabili e che si tratta di un fenomeno che ha a che fare con i modelli culturali che noi abbiamo assorbito ma che in qualche modo riproduciamo nei modelli educativi e che è molto più diffusa di quanto noi immaginiamo.
[00:10:21] Speaker A: Grazie mille Emma per questa tua risposta. L'ultima domanda che mi viene in mente è questa, ossia per quanto riguarda la rappresentazione della violenza di genere, a che punto siamo? Perché lo sappiamo che è ovviamente un fenomeno estremamente ampio e complesso e proprio per questo ha scatenato molti dibattiti sul modo giusto di rappresentarlo per esempio nelle campagne di sensibilizzazione su questo tema. Tu che cosa ne pensi? Come secondo te dovrebbe essere raccontato questo fenomeno?
[00:10:46] Speaker B: Io ricordo, forse adesso si usa molto meno, che quando ero ragazzina si diceva che le donne non si picchiano neanche con un fiore, che è un capolavoro di sessismo benevolo. Nel voler parlare bene delle donne in realtà le stai inferiorizzando, rappresentando in modo fragile e come categoria protetta. Venendo ai giorni d'oggi, questa frase forse si usa molto meno, però ci sono delle retoriche che vengono portate avanti in perfetta buona fede, quindi la mia non è una critica tucurma, è in qualche modo una riflessione critica sulle gabbie nella quali cadiamo anche in buona fede.
E una di queste gabbie è la retorica dell'educazione a rispetto. Molto spesso quando si dice dovremmo combattere la violenza maschile sulle donne portando l'educazione a rispetto nelle scuole, si cade a mio parere in una trappola. Per carità non c'è niente di male nell'educazione a rispetto. è chiaro che un'educazione rispetto male non può fare, però parlando di educazione rispetto noi stiamo dicendo che vogliamo educare i bambini a rispettare le bambine, invece forse sarebbe più opportuno educare i bambini a rispettare se stessi e la propria maschilità e la propria identità di genere prendendo le giuste distanze dai modelli quali noi come società li stiamo ingabbiando.
Cioè a dire noi tendenzialmente continuiamo a educare i bambini fin da quando sono piccolissimi a essere diversi dalle femmine. Cioè quello che noi diciamo a un bambino maschio è non piangere, non fare la femminuccia, non puoi giocare con le bambole perché è una cosa da femmine, se ti piace la danza scegli l'hip hop perché è più maschio, l'hip hop è maschio e non la danza classica, non vestirti di rosa, devi sporcarti a fine giornata come fu detto a me e a Luisa Stagi nella nostra etnografia nelle scuole dell'infanzia che poi è diventato questo libro Pinky e Zegno Black.
Cioè il maschio deve essere, il vero maschio deve essere in tanti modi ma soprattutto diverso dalle femmine. In questo modo noi stiamo facendo un danno alle femmine perché in qualche modo stiamo costruendo una femminilità inferiore, non devi essere uguale alle femmine perché c'è la vergognanza di essere come le femmine, non piangere, non fare la femminuccia e quindi le femmine valgono meno.
Ed è questa una cosa che noi donne interiorizziamo tantissimo, anche quando sembriamo sicure di noi, ci portiamo dietro una sorta di sindrome dell'impostora, spesso quando ci stiamo muovendo in aree che non sono di nostra competenza. Quando guidiamo una macchina, quando dobbiamo cambiare una gomma, quando svolgiamo un lavoro considerato maschile, eccetera, eccetera. Ma stiamo facendo un danno anche ai maschi perché gli stiamo ingabbiando in aspettative di comportamento che non necessariamente rispecchiano il loro sentire. Perché mai un maschietto dovrebbe non scegliere la danza classica e essere costretto a scegliere il calcio nel caso in cui desiderasse fare il ballerino classico? perché mai un bambino dovrebbe trovarsi costretto a menare quando viene bullizzato, perché la prima cosa che gli adulti dicono è se ti menano non scappare, non piangere, non andare a chiedere rifugio alle maestre, ma picchia a tua volta. Anche questa è una forma di discriminazione e violenza nei confronti dei maschi. Perché mai dovrebbero essere sempre violenti, performanti, vincenti, forti, coraggiosi? Perché mai dovrebbero sempre dimostrare di non avere paura? Io vivo al mare e quando vedo i ragazzini che si buttano da rocce altissime mi chiedo sempre quanti di loro lo fanno perché si divertono e quanti di loro sono costretti a farlo perché devono dimostrare di essere veri maschi. Allora secondo me noi dovremmo educare i maschi a scegliere i loro modelli di maschilità al di fuori delle gabbie per rispettare se stessi e il proprio desiderata ma anche dicendo loro guarda che se tu violenti una ragazza la picchi le usi violenza fisica o psicologica, mancando di rispetto non a lei, a te stesso, perché che maschio è un maschio che violenta, che picchia, che usa violenza psicologica, economica e via dicendo. Quindi Tutta questa cultura dell'educazione e rispetto che io ne comprendo il buon intento, quindi non sto criticando, nel senso che c'è una buona volontà in tutto questo, così come lo spinge la ragazza a fare le materie STEM. Certo che loro devono essere liberi di andare a studiare l'ingegneria, però se noi Noi ci muoviamo solo in quella direzione e non nel favorire gli uomini a fare gli educatori nella scuola dell'infanzia, gli educatori nella scuola primaria, gli estetisti, se vogliono fare gli estetisti.
In qualche modo non solo stiamo ingabbiando i maschi e le femmine, ma soprattutto stiamo continuando a ribadire il fatto che il femminile vale meno.
La vera rivoluzione non è quella delle pari opportunità, delle materie esteme, dell'educazione a rispetto. La vera rivoluzione sarebbe educare i maschi ad essere anche simili alle femmine, se vogliono essere simili alle femmine, a scegliere anche lavori maschili, a scegliere anche lavori femminili, perché il femminile vale tanto quanto Un maschile che non sia un maschile alfa, un maschile degradante, un maschile degradato, un maschile violento. Tutte queste elettoriche delle pari opportunità, dello spingere le materie STEM, dell'educazione e del rispetto che di per sé vanno tutelate, attenzione non sto dicendo che sia normale, hanno però il limite di Cercare di tamponare, trovare soluzioni a una situazione senza però mai mettere veramente in discussione il sistema.
Allora la vera rivoluzione sarà mettere in discussione quell'ordine di genere che trasforma le diseguaglianze tra maschi, femmine, omosessuali, eterosessuali, transgender, cisgender in diseguaglianze e rapporti di potere e dominazione.
[00:17:37] Speaker A: Grazie mille Manuela per averci aiutato a capire un po' meglio questo fenomeno così complesso e soprattutto grazie mille per il tuo tempo.
[00:17:45] Speaker B: Grazie a te, ciao!
[00:17:46] Speaker A: E ovviamente grazie mille a tutte le persone che ci hanno ascoltato. Al prossimo episodio, ciao!