Episode Transcript
[00:00:00] Speaker A: Gli studi di genere hanno pervaso ogni ambito del sapere. Molte persone, istituzioni e perfino interi stati continuano a screditarli o addirittura a proibirli. Ma questo li fermerà? Assolutamente no. Io sono Matteo Botto e questo è About Gender, studi d'altro genere.
Oggi siamo qui con Margiuri Gonzales Acosta, sociologa e sindacalista. Ciao Margiuri, è un piacere averti qui con noi oggi.
[00:00:27] Speaker B: Ciao Matteo, grazie di avermi invitata al podcast.
[00:00:32] Speaker A: A tuo parere, in che modo le traiettorie migratorie delle donne possono influenzare l'esposizione alla violenza prima, durante e dopo la migrazione?
[00:00:41] Speaker B: Allora, io credo che per iniziare vale la pena ricordare che tutte le persone che in un momento della vita diventiamo migranti, lo facciamo per una situazione di necessità. Quindi per le donne molto spesso questa situazione della quale si fugge è la violenza, sia violenza di genere nel proprio paese, nella propria famiglia, comunità eccetera, o il fatto di subire come sappiamo per la desigualianza che c'è a livello purtroppo globale nella distribuzione delle risorse, lavoro eccetera, siamo le donne a incontrarci in situazioni maggiori di povertà, quindi sia una violenza fisica o una violenza lavorativa, la migrazione delle donne è quasi sempre segnata dalla violenza, quindi quello che ci spinge a in qualche modo uscire Quindi questo possono essere a seconda del paese, ovviamente per esempio in Venezuela c'è adesso e in tutta l'America Latina, ma la crisi migratoria venezuelana di oggi, degli ultimi sei anni, ha visto una forte presenza di migranti donne per la crisi economica e politica, lo stesso con il continente africano, Nel processo, nella rotta, nel cammino, nella modalità in cui si viaggia per migrare, troviamo sia i pericoli che trovano gli uomini, però troviamo anche la violenza associata al fatto di essere donna. Quindi, purtroppo, tante donne finiscono vittime di organizzazioni criminali che reclutano donne e ragazze per sfruttamento sessuale. quindi questo è un'avviorenza altrettanto crudele e poi nell'arrivo si può, da una parte, a seconda del paese, del luogo dove si arriva, o non ci sono le politiche di accolienza, di integrazione eccetera, piuttosto ci sono, a parte pregiudizi culturali nei nostri confronti, anche lo svantaggio o le difficoltà legate al lavoro, ai servizi minimi, basici, la salute, i documenti e lì anche purtroppo anche in paesi dove ci sono alcuni diritti garantiti, anche per esempio in Euro-Europa alcune donne, alcune di quelli con cui lavoriamo noi, sono state una volta arrivate qua ancora in situazione di sfruttamento sessuale oppure in qualche situazione di subordinazione con quelli con cui hanno debiti per il viaggio. Quindi da quando parti, da quando prendi la decisione di partire, non finisce mai. Dovrebbe finire se c'è un percorso di autonomia, di sostegno del paese di arrivo che purtroppo manca.
[00:03:37] Speaker A: Grazie mille per la tua risposta. La mia seconda domanda invece sarebbe questa. Quali sono le principali condizioni strutturali che rendono le lavoratrici migranti impiegate in settori come le pulizie particolarmente esposte a forme di sfruttamento e discriminazioni di genere?
[00:03:52] Speaker B: Secondo me avete azzerato con la domanda, con l'aggettivo strutturali, perché proprio per il fatto com'è organizzato il mercato del lavoro che la maggior parte delle donne migranti finiscono in situazione di sfruttamento e di povertà lavorativa anche dopo dieci anni di essere immigrate. Quindi queste condizioni strutturali vanno da il mercato di lavoro, per esempio tu hai nominato le pulizie, che è quello con il cui lavoriamo nel sindacato tutti i giorni, e un settore nel quale anche se le donne lavorano in una istituzione pubblica come l'università, come gli ospedali, come l'agenzia dell'entrata, ti sto parlando di casi reali, non esempi ipotetici. L'agenzia dell'entrata è comune, scuole, azienda ospedaliera, anche se lavorano lì da tanti anni, siccome questo servizio è caratterizzato dalla terserizzazione, cioè sono tutti i servizi che questi enti appaltano, quindi sternalisano. Queste donne si trovano permanentemente con datori di lavoro che cambiano, quindi molto probabilmente anche condizioni di lavoro peggiorative. Anche se c'è una clausola sociale nel contratto collettivo applicato che stabilisce che dovrebbero mantenersi le stesse condizioni, questo non sempre accade. Anzi, l'altro elemento strutturale, le barriere linguistiche, queste donne non tutte hanno avuto la possibilità di avere le risorse, l'informazione e il sostegno per conoscere i loro diritti ma laddove li conoscono non sempre hanno gli strumenti per poter difenderli. Mi spiego meglio con dei casi purtroppo molto diffusi. I documenti. Una donna migrante che dipende dal permesso di soggiorno per rimanere in Italia che il permesso di soggiorno è legato al lavoro, che è un lavoro come ti dicevo esternalizzato e quindi determinato, molto spesso le aziende delle pulizie aspettano arrivare ai due anni che è il limite massimo per averle con contratti determinato, è chiaro che difficilmente rischiano di sollevare il problema che stanno lavorando troppe ore per meno soldi. Difficilmente sollevano qualsiasi altro problema, per esempio le lavoratrici dell'hotel, che sono la maggior parte straniere, migranti, hanno un contratto collettivo, nella maggior parte lo stesso, Polizia e Multiservizi, e abbiamo scoperto in tanti posti anche nel nord Italia che vengono pagate a camera, che è una cosa assolutamente illegale. Non esiste il contratto a camera. Il contratto è a ore, quindi lei entra alle 9 del mattino, deve uscire alle 2, ma gli viene chiesto di finire, non so, 20 camere. Per finire queste 20 camere, invece di uscire alle 2, finisce alle 5, ma deve segnarsi nel foglio del registro che ha fatto 20 camere e viene pagata solo per le ore di contratto. Quindi difficilmente se questa lavoratrice dipende da questo contratto per il rinnovo del permesso di soggiorno andrà a fare qualcosa che metta in rischio il lavoro. Poi c'è anche l'elemento che è altrettanto strutturale e forse più complesso del razzismo, sia culturale che istituzionale, perché le donne immigrate in generale, tutte o quasi tutte, abbiamo avuto o abbiamo ancora adesso tante difficoltà per affittare una casa. E qui viene a mancare il sistema di accoglienza che tanto si nomina, che prende delle risorse, che è assolutamente falso, cioè non ci sono purtroppo questi sostegni. Quindi la donna deve arrangiarsi, quindi entrare in uno spazio, si è emigrato con i fili in spazi dove ci sono più persone di quelle che dovrebbero esserci a vivere, per esempio. Ci sono lavoratrici che dopo 10, 12, 15 anni in Italia, lavorando, pagando le tasse eccetera, non trovano una casa in affitto perché i proprietari, proprio per questo elemento culturale di cui parlavamo, il fatto che sia in questo caso africana o detto da loro stesse nera, non viene affittata la casa. Quindi la situazione di povertà abitativa è una cosa che purtroppo fino ad oggi non si riesce a superare e purtroppo almeno io non conosco delle buone pratiche in nessun comune con cui abbiamo a che fare nel quale ci sia qualche sostegno proprio riconoscendo che ci sono situazioni di vulnerabilità importanti. In alcuni casi, quando si arriva a una situazione di violenza, abbiamo avuto la possibilità di far intervenire alcuni comuni, ma veramente con tanta fatica, con l'intervento del sindacato, del gruppo delle donne, delle altre migranti. Non è un sistema che è articolato e laddove ci sono bambini e donne in situazione di violenza o di rischio viene automaticamente attivato. Tutto questo è come un cane che si morde la coda, una cosa perpetua l'altra. Questa povertà lavorativa, la situazione della casa, i documenti, i tempi lunghissimi per le pratiche di permesso di soggiorno.
[00:09:22] Speaker A: Grazie mille anche per questa tua risposta. L'ultima domanda invece è questa. Quali politiche o strumenti sarebbero necessari per riconoscere e tutelare i diritti delle donne migranti sia come lavoratrici che come soggetti attivi nella società?
[00:09:36] Speaker B: Guarda senza ombra di dubbio delle politiche migratorie inclusive, delle politiche migratorie che sappiano riconoscere com'è strutturata la migrazione oggi in Italia, com'è strutturato il mercato del lavoro, ci sono Tanti studi che dimostrano la necessità che l'Italia ha di stranieri migranti, no? Per dare un esempio, che sicuramente lo conoscete, il pubblico lo conosce, nel lavoro di cura, non solo il lavoro di pulizia che parlavamo adesso, il lavoro di cura di cui ha bisogno e avrà sempre più bisogno, perché è una popolazione che continua ad invecchiare, ed è questo settore di lavoratrici soprattutto migranti e purtroppo circa il 50% sono le stime e in condizione di invisibilità, cioè senza contratto. Già le lavoratrici domestiche hanno condizioni peggiorative di lavoro e di tutela in confronto con una lavoratrice o un lavoratore subordinato. Pensiamo all'altra metà, circa un milione di persone, quindi la invisibilità, la violenza strutturale che subiscono è maggiore. Quindi serve che, diciamo, le istituzioni prendano atto della realtà e ci sia una politica migratoria che riconosca questo, nel quale ci siano percorsi chiari, strumenti chiari per riconoscere da una parte la situazione di emergenza o meno di cui arriva o con la quale arriva una migrazione. può riconoscere anche non solo la violenza che ha subito eccetera ma anche le capacità perché guarda una persona che riesce a intraprendere un percorso migratorio sicuramente ha una grande quantità di risorse personali, perché abbandonare il proprio paese, intraprendere un viaggio come questo, iniziare da capo, ci vuole veramente tante risorse personali. Quindi riconoscere le competenze, i saperi che hanno. Guarda, noi abbiamo iscritti al sindacato molte lavoratrici che fanno lavoro di pulizie o lavoro domestico, ma che si portano dai loro paesi titoli di studio in moltissimi ambiti. dall'ambito medico, infermieristico, tecnologico, educativo, eccetera, che non vengono mai o quasi mai riconosciuti. Anzi, quando la migrante esce un po' dalla situazione di emergenza dei primi anni, che purtroppo questa emergenza non dura solo mesi, sennò anni, cerca di far valere queste conoscenze si trova tutte le difficoltà del mondo, quindi servirebbero politiche, strumenti, risorse per andare a valorizzare queste risorse che servono a questo paese. Questo io credo che sarebbe la cosa principale. Poi dal punto di vista lavorativo ovviamente il fatto di almeno che il settore pubblico che sa di avere nei suoi spazi le donne migranti che si occupano per esempio del lavoro delle pulizie, e applicano contratti che sono stati anche dichiarati in alcune istanze legali come anticostituzionali per i bassi salari. Che iniziari almeno, questa è una richiesta che facciamo noi a partire da tutte le assemblee con le lavoratrici eccetera, che possano garantire contratti di palto solo con aziende che applichino contratti collettivi e non possano essere sotto una determinata soglia. Adesso una lavoratrice delle polizie con il contratto multiservizi guadagna 7,47 euro all'ora. l'ordine e si parla di 9 euro come salario minimo per iniziare, non siamo neanche in questi 9 euro e abbiamo tutte le istituzioni pubbliche che hanno questi tipi di accordo con aziende o cooperative, che sono lavoratrici che sono lì da dieci anni, da quindici anni, quindi sarebbero interventi strutturali per proteggere un settore lavorativo, purtroppo con maggior presenza femminile, ma soprattutto migrante, che sicuramente andrebbe a migliorare la vita di queste lavoratrici e ad essere una risorsa che le permetterebbe anche di uscire di percorsi di violenza di ricatto familiari e lavorativi.
[00:13:51] Speaker A: Grazie davvero Marjorie per essere stata qui con noi, grazie mille per le tue competenze, ma soprattutto grazie mille per il tuo tempo.
[00:13:58] Speaker B: Grazie a voi, grazie Matteo.
[00:14:01] Speaker A: E ovviamente grazie mille a tutte le persone che ci hanno ascoltato. Al prossimo episodio, ciao!